ll riso è uno dei cereali più noti al mondo e la sua conoscenza risale a circa 10.000 anni fa e si ritiene sia ancora più antica di quella del grano. È anche il cereale più consumato al mondo, alimento principale per circa la metà della popolazione del pianeta. Pianta originaria delle regioni dell’Asia sudorientale, ha iniziato a farsi apprezzare nel mondo occidentale verso il VI secolo a.c. Nel mondo greco-romano il riso era considerato una spezia esotica, estremamente costosa, fama che rimase fino al Medioevo.
In Italia la coltivazione del riso iniziò a diffondersi nelle zone del milanese e del vercellese tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, zone che, ancora oggi con le provincie di Pavia e Novara, costituiscono il quadrilatero risicolo d’eccellenza. Il riso è oggi coltivato, oltre che in quasi tutti i paesi dell’Asia orientale, in Egitto, negli Stati Uniti, in Brasile ed in Australia.
Curiosità dal mondo del riso
La pianta e la sua coltivazione
Il riso è una pianta tropicale che necessita di temperatura ed umidità adeguate, ama l’acqua. Richiede un clima caldo-umido e riesce a raggiunge l’altezza di circa 1 metro.
La pianta si sviluppa dalla primavera alla fine dell’estate con un ciclo vegetativo fra i 150 e i 180 giorni. Per la fioritura occorre una temperatura intorno ai 30 °C e si calcola che per ottenere un chilogrammo di riso si debbano impiegare dai 3.000 ai 10.000 litri d’acqua.
Le fasi di coltivazione sono sostanzialmente quattro: preparazione del terreno, sommersione degli appezzamenti e semina, eliminazione delle erbe infestanti, mietitura.
In Italia, le operazioni, un tempo affidate a migliaia di lavoratori, sono ora interamente meccanizzate. Il cambiamento è intervenuto in risaia dalla fine degli anni cinquanta quando le macchine, i concimi, i formulati selettivi per l’eliminazione delle infestanti hanno raggiunto un soddisfacente grado di perfezionamento.
Uno dei momenti più suggestivi nella coltivazione del riso è certamente l’inondazione primaverile dei terreni ottenuta con un complesso sistema di canali, con la risaia che si trasforma in una laguna artificiale a perdita d’occhio che passerà in poche settimane dal color argento al verde pastello per effetto delle giovani piantine progressivamente emergenti dall’acqua.
La raccolta
Ugualmente affascinante è la raccolta. Le mietitrebbiatrici, che tagliano veloci il riso e lo separano dalla paglia, concentrano su larghe superfici in tempi brevi una grande quantità di lavoro. Negli ultimi anni, grazie ad un grande passo avanti della tecnologia in generale ma anche e soprattutto in agricoltura, queste sofisticate macchine hanno reso la fase della raccolta più rapida ed efficiente. Quando il cereale è avviato con rimorchi, dai campi alle aziende, presenta un’umidità compresa fra il 20% e il 30%. Il riso greggio, o risone , viene quindi immesso negli impianti di essiccazione in modo che l’umidità scenda al 14-15% al fine di scongiurare processi di deterioramento.
Il chicco del riso appena raccolto è rivestito da un involucro a più strati tendente al colore marrone o giallo e contenente molte sostanze. Sotto i diversi strati protettivi (i tegumenti), che si assottigliano dall’esterno all’interno, si trova la cariosside. Ogni chicco è anche portatore di un embrione, collocato in una piccola sacca detta spermoderma, che è essenziale per la perpetuazione della specie. Il granello è costituito da proteine e, nella zona più interna, di granuli di amido di piccole dimensioni e spigolosi, compatti e riuniti a grappolo.
Varietà di riso
Il riso è classificato merceologicamente nei gruppi delle varietà comuni, semifini, fini e superfini. L’attribuzione delle varietà coltivate dipende dalla lunghezza e dalla grossezza del chicco, dall’aspetto del granello e dal suo comportamento durante la cottura. I comuni hanno una lunghezza inferiore a 5,4 mm, i semifini da 5,4 a 6,4 mm mentre i fini ed i superfini raggiungono i 6,4 mm. Alcune varietà aghiformi, prodotte in Oriente, sono ancora più lunghe.
La trasformazione
La trasformazione del riso greggio in riso commestibile è completamente meccanica, quindi non possono essere introdotti a suo danno processi di sofisticazione. Ieri come oggi il principio sfruttato per la lavorazione del riso è quello della “pilatura”. Il riso greggio era un tempo posto in un mortaio detto “pila”. Un pestello con punta metallica, azionato manualmente o dalla forza dell’acqua, agiva ritmicamente sul chicco liberandolo dagli strati esterni contenenti grassi ed albumine. Se ne andava anche l’embrione o gemma, ricco di olio.
Poiché l’operazione spezzava inevitabilmente una elevata percentuale di chicchi, era necessario procedere alla loro eliminazione, unitamente ad altre impurità, servendosi di setacci oscillanti appesi al soffitto con corde. L’odierna struttura industriale, del tutto automatizzata, segue uno schema preciso di lavorazione. Il riso, preventivamente mondato da ogni corpo estraneo, viene “spogliato” con lo sbramino dal rivestimento più esterno, la lolla.
Da questo momento il riso assume la denominazione di “semigreggio” o “sbramato” o, ancora “integrale”, ricco di fibre vegetali e di parti grasse ed indicato in particolari diete. Successivamente inizia la fase di raffinatura o “sbiancatura” mediante una serie di macchine “sbiancatrici” attraverso le quali il riso assume, via via, l’aspetto a noi più noto.
Il riso nel mondo
Nel mondo, la coltivazione del riso si è estesa negli ultimi anni in modo evidente, arrivando ad una produzione di circa 750 milioni di tonnellate annue. Nello stesso periodo i raccolti sono aumentati di oltre il 44% e, grazie alle nuove tecnologie, si è intensificata la produzione ed è migliorata la quantità di riso ottenuta da ogni ettaro coltivato. Si calcola che oggi ogni abitante della Terra ne abbia a disposizione 60 chilogrammi, ossia 10 chilogrammi in più di un quinquennio fa.
È un contributo concreto, ma non sufficiente, alla lotta contro la fame con fasi altamente drammatiche in Africa, Asia, America Latina dove il riso, ampiamente coltivato, ha il posto che il pane occupa in Occidente. Basti dire che un giapponese consuma 80 chilogrammi di riso all’anno e un abitante della penisola indocinese tocca i 150 chilogrammi mentre un europeo, raramente, supera i 5 chilogrammi.
La produzione italiana
Il nostro Paese è il maggior produttore europeo di riso ed il ventiseiesimo al mondo. L’estensione della risaia è di circa 200 mila ettari dislocati, per ordine di grandezza, nelle province di Vercelli, Pavia, Novara, Milano, Alessandria, Ferrara, Oristano, Mantova, Verona e in talune zone circoscritte centromeridionali.
La produzione annuale supera i 14 milioni di quintali di risone rappresentando lo 0,38 per cento di quella mondiale. Da ogni ettaro se ne ricavano mediamente 55-60 quintali mentre in passato erano difficilmente superati i 24 quintali.
Il mercato nazionale assorbe poco più di 4 milioni di quintali di riso italiano lavorato, i paesi dell’ UE circa 5 milioni ed i paesi non comunitari poco più di 1 milione (raccolto 2018 fonte Enterisi).
È un contributo concreto, ma non sufficiente, alla lotta contro la fame con fasi altamente drammatiche in Africa, Asia, America Latina dove il riso, ampiamente coltivato, ha il posto che il pane occupa in Occidente. Basti dire che un giapponese consuma 80 chilogrammi di riso all’anno e un abitante della penisola indocinese tocca i 150 chilogrammi mentre un europeo, raramente, supera i 5 chilogrammi.