Si tratta di una fase fondamentale, ma spesso sottovalutata, della preparazione del risotto, che permette al chicco di restare tenace e integro e di non sfaldarsi durante la cottura.
Grande piatto classico della tradizione gastronomica italiana, il risotto ha una preparazione all’apparenza semplice, ma che in realtà nasconde qualche insidia. Commettere degli errori, infatti, è abbastanza comune, soprattutto per chi è alle prime armi. Una volta che si è scelta la varietà di riso più adatta, (le consigliate sono Carnaroli, l’Arborio e il Vialone Nano) e messo a punto un buon brodo vegetale, di carne o di crostacei, si inizia la realizzazione vera e propria della ricetta: meno di una ventina di minuti in cui ci si gioca tutto, tra tostatura, cottura e mantecatura. Ed è proprio la prima fase, quella della tostatura, a essere spesso la più sottovalutata, nonostante si riveli fondamentale per avviare il chicco alla giusta texture, ovvero tenace e non collosa, scongiurando il rischio di ottenere un riso bollito. Cosa succede in questi 3-4 minuti iniziali? Il riso all’interno della casseruola da solo (nel gergo, a secco), insieme a un grasso (burro o olio) o con il soffritto, viene portato a temperatura medio-alta e mosso con cura, al fine che le sue pareti esterne si sigillino, diventando impermeabili: questa saldatura permette al chicco, una volta immerso nel liquido scelto, di non sfaldarsi e intenerirsi, ma di restare integro, mantenendo la sua struttura, così che l’amido rilasciato possa dare al piatto finale una consistenza cremosa e non pastosa. Vediamo nel dettaglio le tre tecniche di tostatura che si possono mettere in pratica.