Il mondo classico mediterraneo conobbe il riso orientale solo dopo la conquista dell’Asia da parte di Alessandro Magno. Teofrasto, contemporaneo di Alessandro, fu il primo a descrivere il riso nel suo trattato sulla storia delle piante. Ne parlò come di un cereale che cresceva in acqua per lungo tempo e i cui semi erano particolarmente idonei ad essere bolliti per soddisfare le esigenze alimentari dei popoli dell’Asia. Ancora più dettagliata è la descrizione lasciataci da Aristobolo, compagno di Alessandro nelle spedizioni in Asia, secondo il quale il riso veniva coltivato in aiuole chiuse e ben irrigate; era un pianta alta quattro piedi, abbondante di spighe e ricca di semi. Secondo Aristobolo il riso si coltivava nella Battriana (Afghanistan) e nelle terre del basso corso del Tigri e dell’Eufrate dove, evidentemente, era arrivato prima del passaggio dell’esercito di Alessandro. Il riso, quindi, prima del quarto secolo avanti Cristo aveva già raggiunto il Vicino Oriente, ma non si era diffuso nelle regioni limitrofe.
Conoscenza e coltivazione del riso nel Mediterraneo e in Italia
Dalle descrizioni riportate nel Periplo del Mare Eritreo, un resoconto della geografia portuale databile al primo secolo d.C., sappiamo che il grano e il riso erano prodotti che venivano scambiati lungo le rotte del Golfo Persico e del Mar Rosso: provenivano dalle regioni dell’Ariacia (Afghanistan meridionale) e di Barigozzo (Barygaza, porto della costa occidentale dell’India) ed erano destinati agli empori della Penisola Araba.
La conoscenza del riso nel mondo romano non fu quella di un cereale adatto all’alimentazione umana ma piuttosto quella di un prodotto medicamentoso che, sotto forma di decotto, veniva prescritto dai medici ai pazienti più ricchi per curare le malattie del corpo, come ricordato da Orazio.
L’Egitto fu la prima tappa del percorso che portò il riso a diffondersi nel Mediterraneo. Si deve alla colonizzazione araba il trasferimento della coltivazione del riso dall’Egitto alla Spagna, probabilmente poco dopo il 1000 d.C. La conquista araba delle terre del Mediterraneo occidentale favorì la diffusione della coltivazione del riso sia per soddisfare le esigenze degli stessi arabi, sia perchè il riso cominciava ad entrare nelle abitudini alimentari dei popoli conquistati.
Il riso era conosciuto in Italia molto prima che ne iniziasse la coltivazione, perchè era considerato una spezia ed era venduto per scopi terapeutici. Qualche traccia della presenza del riso in Italia si trova già in documenti del 1390, però non è chiaro a chi si deve l’introduzione di questo cereale nella penisola. Nel 1468 fu inaugurata la prima risaia, mentre il primo documento che dimostra la coltivazione del riso in Italia risale al 1475 ed è una lettera di Galeazzo Maria Sforza, il quale prometteva di inviare dodici sacchi di riso al Duca di Ferrara. Con l’avvio della coltivazione in Lombardia il riso, da prodotto di uso esclusivo degli speziali, divenne un elemento dell’alimentazione dei Lombardi.
Dalla Lombardia la coltivazione del riso si estese con rapidità a tutte le zone paludose della Pianura Padana. A tale diffusione seguì però un aumento dei casi di malaria e furono molti i provvedimenti che cercarono di limitarne la coltivazione in prossimità degli abitati. Nonostante i divieti, la coltivazione del riso continuò ad espandersi perchè la sua resa e il conseguente guadagno, rispetto ai cereali tradizionali erano così alti da far prevalere il fattore economico sul rischio di malattie. Il riso ebbe dunque una immediata diffusione, malgrado i rischi che derivavano dalla sua coltivazione, i dazi e i divieti, e, probabilmente, il suo successo si deve anche alla crisi alimentare che si registrò in tutto il Mediterraneo occidentale nel XVI secolo. Le carestie si alternavano alla peste, i raccolti scarseggiavano e non era facile approvvigionarsi all’estero. In queste condizioni il riso fu visto come il cereale che poteva in qualche modo far fronte alle richieste di una popolazione sull’orlo della fame.
Dalla Pianura Padana la coltivazione del riso si diffuse anche in Emilia e in Toscana, dove però la penetrazione fu più lenta a causa della minore disponibilità di acqua da destinare al nuovo cereale. Alla fine del XVII secolo il riso si coltivava ormai largamente nella pianura del Po, in Toscana ed in qualche area della Calabria e della Sicilia. Nel 1700 le risaie del territorio milanese coprivano una superficie di oltre 20.000 ettari, mentre un secolo e mezzo dopo le sole risaie del vercellese raggiungevano i 30.000 ettari.